UNA LETTERA DI ASSISTENZA A ROMA
MIA MAMMA ALZHEIMER. LE HO SCRITTO UNA LETTERA
Abbiamo ricevuto questa lettera da una nostra cara cliente, amica più che altro. Per ovvi motivi, i nomi sono stati modificati.
Mia mamma, l’Alzheimer. (Ho bisogno di parlarne con qualcuno)
Mia mamma… L’Alzheimer. Non è una bella cosa da dire, forse neanche da pensare: figuriamoci da vivere.
Mia mamma … L’Alzheimer … E io, ogni giorno, ho visto scomparire un pezzo di te come se qualcuno, giorno dopo giorno dopo giorno, ti cancellasse via un pezzettino. Un pezzettino alla volta.
Mia mamma e il maledetto Alzheimer: e io non ho potuto farci nulla. Ho bisogno di parlarne con qualcuno.
Ho deciso di farlo con lei, scrivendole questa lettera.
Come si fa a capire che qualcuno ha l’Alzheimer? (Ma dai, mi sono solo dimenticata le chiavi in macchina)
Avevi lasciato le chiavi della Mini attaccate al cruscotto mamma, le avevi lasciate lì come se nulla fosse, ricordi? Ne abbiamo riso. Forse non avremmo dovuto, forse era meglio. Poi ti sei dimenticata del mio compleanno: per una volta che senso ha fare drammi (ma era la prima volta mamma, la prima in quarantasette anni).
Una risata e via. E quando mi hai chiesto di accendere la doccia perché faceva freddo?
E quando hai messo le pantofole in frigo, ti ricordi mamma?
E quando hai preso il taxi e ti sei fatta portare la lavoro… Alle dieci di sera… Tu che eri in pensione da dieci anni…
E quando e quando…
Poi, all’improvviso la consapevolezza del troppo tardi e tu, tu che non mi segui più che non mi parli più.
Ma come si fa a capire per tempo che uno ha l’Alzheimer?
Abbiamo deciso di fare tutto da sole
Il dottore è stato chiaro e onesto fin da subito, ti ricordi mamma? <Signora, molti anziani hanno bisogno di assistenza a Roma, anche senza diagnosi di Alzheimer. Non è certo il caso di farne un dramma. Si fanno aiutare in casa… forse è il caso di prendere una badante, ora che i sintomi sono ancora abbastanza lievi e c’è il tempo di abituarsi …>
Ma noi no, mamma, ti ricordi? Noi possiamo farcela, noi siamo forti. Noi abbiamo deciso di fare tutto da sole.
Perché non parli più con me, mamma?
Credo fosse un mercoledì, mamma ti ricordi? Sono arrivata alle sette e mezzo e per tutto il tempo del viaggio in macchina ho avuto la sensazione di essere terribilmente in ritardo.
Uno strano senso di colpa…. Ma come diavolo si fa ad essere qui, lì, a casa con la famiglia, a lavoro puntuale, a fare la spesa e lì, lì da te il più presto possibile: come si fa?
Tu da sola e io nel traffico: che angoscia. Poi sono arrivata, ho aperto con le mie chiavi e tu non mi hai salutato. Eri un po’ sporca di cioccolata sul viso: ma quando mai la mamma?
Stavi con gli occhi puntati sul video, il viso più rilassato che attento. Uno strano sorriso inconsapevole. Io ti parlavo ma tu continuavi a fissare lo schermo.
Poi hanno inquadrato Carlo Conti e tu hai battuto le mani. Io ti parlavo ma tu non rispondevi.
Poi hai salutato Carlo Conti. Con la manina come facevi sempre con le tue nipotine.
Poi gli hai lanciato un bacio. Poi mi hai guardato in silenzio. Abbiamo preparato la cena in silenzio.
Sono andata via in silenzio.
Perché non parli più con me, mamma?
Poi è arrivata Lena.
Mamma ora posso confessartelo: anche a me obbligarti ad avere un aiuto in casa è sembrata una forzatura, una violenza. Non ne avevi voluto saper nulla quando ancora la nebbia era rada nei tuoi pensieri e anche quando oramai avevamo smesso di ridere delle tue défaillances.
Eri sempre stata contraria e categorica: ho lavorato e badato a te e tuo padre per sessant’anni da sola e posso farcela da sola anche adesso che non faccio nulla dalla mattina alla sera. Questa è casa mia e, se non ti dispiace, decido io chi ci entra e chi no!
E questo a me bastava: vedi mamma è ancora in gamba, non ha perso nulla della sua determinazione, mi dicevo. Ma mi mentivo. Mi mentivo e sapevo di farlo. E tu, piano piano, te ne andavi via.
Poi ho pianto tanto, e tu hai pianto tanto ma abbiamo (ho) deciso di chiedere aiuto.
Come fare però? Come scegliere, chi scegliere? Dove trovare… Cosa fare?
Oddio!!! Ci siamo rivolti ad una struttura, qui a Roma, a Talenti. Abbiamo parlato molto con loro, sono venuti a conoscerti ti ricordi mamma? E hanno lavorato per mandarci una persona.
E poi, un giorno… poi è arrivata Lena.
Ma che è tutta qui la mia vita?
Non so come ha fatto Lena mamma, ma fin dal primo giorno che è entrata nelle nostre vite qualcosa è cambiato. In peggio i primi giorni. Ti ricordi come urlavi al telefono?
Ma oggi, col senno di poi penso e mi dico: ma tu non urlavi più; tu non reagivi più.
Era un buon segno mamma, ma io soffrivo e basta per averti costretto ad avere una badante convivente in casa.
Quante telefonate con la Cooperativa alla ricerca disperata di un colpevole che non fossi io. Ma loro hanno saputo consigliarmi, hanno tenuto duro, Lena ha tenuto duro.
E le cose hanno cominciato a girare per il meglio. Lena ha fatto il miracolo?
No mamma, nessun miracolo ma tu eri sempre in ordine, la casa, la tua casa, la nostra casa, sembrava abitata e non più abbandonata.
Non c’era più l’eco dei tuoi silenzi ma le chiacchiere (strambe) tra te e Lena e il fruscio delle carte delle vostre interminabili partite a burraco.
Poi un giorno, con Lena di là a preparare la cena mi hai guardato e mi hai detto < ma che è tutta qui la mia vita?>
E io ho pianto.
Oggi che ti ho detto ciao. E non ero pronta
Lena è ancora di là che piange mamma, lo sai?
E non riesce a fermarsi. Mi ha fatto piacere, anche se non dovrei avere piacere a vedere una persona che soffre. Però, saperla coinvolta nel nostro dolore mi ha confermato che lei, la nostra Lena, è proprio una persona di cuore.
Non so quante volte ho ringraziato la Cooperativa per averla selezionata, per avermela presentata. E per aver evitato che il nostro rapporto si inaridisse tra pratiche burocratiche, buste paga e cose varie. Abbiamo parlato molto con loro, sono venuti a conoscerti ti ricordi mamma?
Non so quante volte li ho ringraziati per averla messa al tuo fianco a lottare con te, con noi, contro quel maledetto bastardo di Alzheimer. Non so come avrei fatto da sola
Te ne sei andata sempre meno consapevole di te. E forse sempre meno consapevole di me. Però te ne sei andata felice, lo so, lo sento. Hai avuto una vita piena e per tutto il tempo che quella maledetta malattia ti ha svuotato ogni giorno di più, hai trovato conforto in chi ha saputo (e già, saputo. Mica è facile) darti una mano.
Volevo che tu sapessi che oggi l’ho ringraziata anche da parte tua.
Oggi che sento in me un vuoto che non pensavo. Oggi che ti ho detto ciao. E non ero pronta
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