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Assistenza domiciliare Morbo di Alzheimer. Il mio papà ne soffre.

Assistenza Domiciliare Morbo di Alzheimer

Il mio papà soffre di Morbo di Alzheimer.

Abbiamo ricevuto una telefonata di una nostra amica, che per riservatezza chiameremo Paola, in relazione ad alcuni problemi che il suo papà, che chiameremo Andrea, sta creando alla sua assistente domiciliare. Il suo papà soffre di Morbo di Alzheimer.
Pensiamo che la nostra conversazione con Paola possa essere d’aiuto a molti. Eccone i contenuti.

Mio papà sta diventando sempre più, non so come dirlo, “tirato”

ma mai nella sua vita aveva avuto un rapporto così stretto con le “cose”. Come è possibile?

Cara Paola, purtroppo la condizione patologica di suo papà, un principio conclamato di morbo di Alzheimer, si manifesta anche con alterazioni dei comportamenti e, nelle sue fasi iniziali, porta spesso i malati ad avere un rapporto morboso con le loro “cose”. Non è suo papà che, invecchiando, è diventato “tirato” è la malattia che gli altera la percezione dei fatti.

L’avevo immaginato ma questo sta creando grossi problemi con Antoneta, la sua assistente. Non vuole che, testuali parole, “mangi le sue cose”…

Vede Paola, se non si comprende bene che lo stato patologico altera i rapporti interpersonali, difficilmente si riesce a gestire i casi di Alzheimer conclamato. Antoneta dovrebbe essere in grado di gestire certi comportamenti di suo papà, specie se in passato ha già assistito malati di Alzheimer …
Ma Antoneta è con noi da anni oramai e mai ci sono stati questi problemi…

Infatti non è “l’anzianità di servizio” che fa di un’assistente domiciliare una buona assistente domiciliare.

 

Ai malati di Alzheimer bisogna affiancare assistenti che conoscano la malattia e sappiano come affrontarla.

Ecco perché noi di Assistere, ad esempio, selezioniamo per determinate assistenze solo persone esperte che abbiano già affrontato con successo il difficile rapporto con i malati di Alzheimer. La malattia di Alzheimer è una malattia a degenerazione progressiva non bisogna mai perderlo di vista…
Ok ma ora io come faccio? Non la fa mangiare..?

Facciamo un passo indietro. Antoneta e suo papà Andrea sicuramente hanno stabilito un buon rapporto (se l’assistenza dura da un po’…) e si sono conosciuti quando la malattia non aveva ancora mostrato il suo volto peggiore. Ora che le cose stanno peggiorando, i comportamenti di tutti si dovrebbero adeguare alla mutata situazione, Non si può affrontare il mutato presente come se si fosse ancora nel passato. In questo voi della famiglia potete fare molto.

 

E cosa per esempio?

La prima cosa è assumere consapevolezza: papà Andrea non sarà mai più, purtroppo, quello di prima. Bisogna aiutarlo, nei limiti del vostro possibile, ad affrontare questa sua nuova realtà evitando di discutere con lui o rimproverarlo come se certi comportamenti fossero figli di capricci o peggio di decisioni ponderate, volute anche se strambe.

Per il malato di Alzheimer, capire, ragionare, razionalizzare è estremamente difficile se non impossibile.

Si può discutere, argomentare con chi è in grado di ragionare. Farlo con chi queste facoltà ( a causa della malattia, non dimentichiamocelo ) non le ha più, è pressoché inutile. E’ più utile fornire conforto nei momenti di sconforto o trovare noi soluzioni pratiche che aggirino l’ostacolo. Ad esempio, nel caso specifico, si può fare in modo che Antoneta e papà Andrea non mangino mai insieme.

Così papà non “vede” Antoneta “consumare” il suo cibo.
Ma papà si lamenta anche se vede lei mangiare cose che a lui non sono più concesse. Ma Antoneta non può seguire la sua dieta ferrea ( papà è anche diabetico). Questa cosa mi fa imbufalire. Non so davvero cosa fare…

 

Sia chiaro non esistono soluzioni semplici a problemi così complessi.

Rabbia, imbarazzo senso di impotenza sono emozioni che ciascuno familiare di un malato di Alzheimer ha provato o proverà prima o poi. La rabbia che ci prende nel vedere papà o mamma comportarsi male con chi lo assiste o con loro suoi nipotini… L’imbarazzo per il comportamento papà ha tenuto al supermercato sono normali reazioni a situazioni che, è sempre bene ricordarlo anche cento volte, è la malattia che ha alterato. È opportuno sempre cercare di confrontarsi con altri che hanno lo stesso problema, con amici cari, con i medici o, come ha fatto lei Paola, con gli esperti del settore come noi.

 

Solo una serie di gesti quotidiani,

ripetuti nel tempo, possono ricondurre il problema non alla sua soluzione definitiva ma alla sua gestione.

La spesa per Antoneta potrebbe, ad esempio, esser portata da una persona non nota a suo papà come se fosse stata fornita, gratuitamente, da un centro pubblico. Talvolta infatti, nelle nostre assistenze, è stato sufficiente convincere l’assistito che il costo del vitto era non a carico suo o della famiglia, ma a carico delle istituzioni.

Insomma cara Paola il vero problema non è il singolo “capriccio” di papà o la sua fissazione per questo o quell’aspetto della sua “nuova vita“ da malato.

Un malato di Alzheimer non è più in grado essere coerente con il proprio vissuto di prima.

Egli è una persona nuova, sempre diversa via via che la malattia progredisce. I rapporti con i malati di Alzheimer sono complessi e mutevoli: addirittura spesso succede che nel corso della stessa giornata un malato alterni momenti di completa lucidità a momenti di estrema confusione. A noi potrà sembrare che ci stia prendendo in giro, che lo faccia a posta.

Quante volte ci è venuto di dire ( o pensare almeno) “allora lo vedi che quando vuoi le cose le fai, le capisci?. Ovviamente nessuna predeterminazione da parte loro…

Ma allora come se ne esce …

Non se ne esce appunto. Si affronta la cosa insieme. Chiedendo aiuto ai familiari, creando intorno a sé un circuito di confronto con altri che hanno lo stesso problema. Parlando con i medici e gli esperti e rivolgendoci quando proprio non possiamo più gestire la cosa da soli, a chi può darci una mano.

Grazie tante. Mi ha fatto bene parlare con voi…

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