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Badante per mio padre. Qual è il momento giusto?

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“MA QUAL È IL MOMENTO GIUSTO?”

 

Come faccio a capire quando è il momento giusto per chiamare una badante per mio padre?

Abbiamo appena lasciato casa di papà, qualcosa non è andato per il verso giusto, come una strana sensazione di disagio che non riusciamo bene a definire ma che ci tormenta da quando l’abbiamo salutato.
Qualcosa non va: ma cosa? Piccoli segnali, qui e là qualche sbavatura.
Preoccupante? Chissà…
Poi scatta la domanda: sarà il caso di cominciare a pensare di farlo aiutare da una badante?
Come si fa a capire quando è arrivato il momento giusto?

 

Non è facile ma nemmeno impossibile

Come un po’ in tutte le cose, anche nella percezione del degrado cognitivo dei propri cari non c’è quasi mai qualcosa di improvviso e immediato, di così netto da determinare un momento preciso per poter stabilire un prima ed un dopo con l’esattezza di un orologio. (Se si escludono ovviamente, a mero titolo di esempio, patologie improvvise e gravi come l’Ictus o anche solo un attacco ischemico transitorio -TIA- che fungono da campanelli d’allarme più o meno significativi).

I cambiamenti di umore e di comportamento si registrano per gradi; possono attirare la nostra attenzione in tempi diversi ma, per fortuna, sono anche abbastanza facilmente riconoscibili. Vediamoli un po’.

 

Ma papà, che stai a dieta?

Che gli anziani tendano a dimagrire o anche solo a mangiare poco, è cosa nota a tutti e alla quale non si fa più di tanto caso. Attenzione però.

La perdita di peso (quando non ha origini patologiche da valutare caso per caso con il proprio medico di fiducia) potrebbe derivare da una non corretta gestione dei ritmi alimentari.

Spesso uno dei primi sintomi della malattia di Alzheimer ad esempio o, più in genere, della degenerazione della memoria, è proprio quello di dimenticarsi di mangiare, saltare i pasti e non riuscire più a gestire un corretto rapporto con la propria alimentazione.

 

Che disordine papà!

Altro sintomo che facilmente si sottovaluta è quello del disordine in casa. Notiamo un accumulo di panni sporchi?
Laddove prima regnava la pulizia quasi maniacale oggi vediamo ristagnare la polvere?
Le bollette si accumulano? Sono tutti piccoli segnali che ci devono attenzionare.

È comunque bene chiarire che ad essere significativo non è tanto il singolo episodio in sé quanto il cambiamento, in senso peggiorativo, tra un prima e un dopo: un papà disordinato da sempre non può certo diventare un perfettini in tarda età.

Al contrario, una persona da sempre attenta all’ordine, alle scadenze, amante della regolarità che comincia a saltare il pagamento delle bollette e trascura la casa, può manifestare i sintomi della degenerazione cognitiva.

 

Chi ti ha prescritto il Naproxene©?

Improvvisamente a casa di papà compaiono nuovi farmaci.
<Babbo, chi ti ha prescritto il Naproxene?>
<È per la gotta.>
< Ma tu non hai la gotta!>
< E tu che ne sai?>
Questa è ovviamente una conversazione ipotetica ma rende bene l’idea.

Uno dei sintomi più chiari della condizione di disturbo neurocognitivo minore (Mild Cognitive Impairment-MCI) è proprio, ad esempio, quello dell’apparizione in casa di un numero significativo e spesso inutile di farmaci.

Con l’aggravante che un anziano in queste condizioni finisce per prenderli inutilmente, in dosi eccessive, nel momento sbagliato e magari per trascurare quelli di cui ha effettivamente bisogno.

 

Che risate… Ma oggi non mi sono perso tornando a casa dal mercato?

E invece, caro papà, non c’è proprio nulla di cui sorridere.

Perdere il senso dell’orientamento nel percorrere i soliti itinerari, una sorta di disorientamento topografico acquisito insomma, è proprio il sintomo che deve far traboccare il vaso quasi colmo delle nostre preoccupazioni.

Quando papà non trova più la strada di casa non dobbiamo indugiare oltre: è arrivato il momento di farlo aiutare da una badante (sempre ammesso che si voglia preservare il suo spesso sacrosanto diritto di rimanere a vivere in casa sua).

E badate bene: questo non vuole dire necessariamente che papà è affetto dal morbo di Alzheimer ma non per questo è meno grave: il disorientamento è pericoloso per sé e per gli altri. È arrivato il momento di agire.

 

Papà è un osso duro da convincere.

< Non ci riuscirò! Papà è un osso troppo duro da convincere >.
Non lasciamoci prendere dallo sconforto: papà è in buona compagnia con la quasi totalità degli anziani.
Fosse per loro … vade retro badante! Un anziano, sia che abbia appena iniziato il suo declino cognitivo sia che abbia già problemi più seri, opporrà quasi sempre il suo categorico rifiuto ad accettare una badante convivente in casa.
La soluzione è essere più energici ed insistenti di loro. Gentili ma fermi, chiari e determinati. Mai molli o vaghi.
Urlare non serve a nulla e meno che mai essere poco concreti. Cercare di convincere il babbo che…
“Sei anziano, hai bisogno di aiuto”; “Non ti rendi conto che gli anni passano per tutti” è spesso tempo perso oltre che controproducente. Meglio andare sul concreto: “se cadi, chi ti aiuta?”.

“Oggi ti sei perso di nuovo…”: “quanto è che non ti lavi i capelli, visto che non riesci a farlo da solo?”.

Cose concrete e tangibili dunque che non toccano la sfera del sentimento, del bel tempo andato ma che tendono a ricondurre il problema (e la implicita soluzione: l’assistente domiciliare) a circostanziati dati di fatto. Dolcezza e fermezza.

Ribadiamo: urlare non serve a nulla se non a far irrigidire ancora di più il babbo.
Mollare però è ancora più pericoloso per la salute di papà.

 

Farsi aiutare nell’assistenza.

Una soluzione concreta può essere (sempre valutando attentamente la specifica relazione che si ha con il proprio genitore, il suo vissuto ed il suo personale sentire) quella di rivolgersi ad una struttura professionale badanti che, preso in esame il problema, funga da cuscinetto consulenziale tra sé e il proprio genitore.

Questo depotenzia l’attrito che potrebbe crearsi tra genitori e figli e affida a personale qualificato il delicato compito di affrontare con il proprio caro l’argomento tabù.

Sia chiaro: preparare il babbo o la mamma ad accogliere in casa un aiuto è, in prima istanza, pur sempre un compito della sua famiglia.

Però, può essere utile affrontare il problema sapendo di poter contare, ad un certo punto, sull’ausilio di chi lo fa per professione.

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